La resilienza dei mercati del lavoro, la solidità dei settori dei servizi e la persistente inflazione sottostante indicano che le banche centrali non hanno ancora finito di aumentare i tassi di interesse.
Tuttavia, è ancora probabile che la portata di questi cicli di rialzo provochi una recessione in molti mercati sviluppati e in alcune economie emergenti.
Anche se l’inflazione primaria continuerà a calare bruscamente, solo queste flessioni economiche saranno in grado di far scendere in modo sostenibile la persistente inflazione sottostante.
Noi di abrdn prevediamo tagli da parte delle banche centrali nel corso del 2024, che alla fine riporteranno i tassi di interesse a livelli accomodanti.
Figura 1: Sintesi delle previsioni globali
Fonte: abrdn, giugno 2023
Recessione, interrotta
Gli Stati Uniti, e i più ampi settori globali dei consumi e dei servizi, rimarranno solidi un po’ più a lungo di quanto avessimo previsto in precedenza, data la continua disponibilità delle famiglie ad attingere ai risparmi in eccesso, la resilienza dei mercati del lavoro e la spinta che i consumatori riceveranno presto da un’inflazione primaria più bassa.
Per certo, la debolezza dell’attività manifatturiera e residenziale negli Stati Uniti, iniziata nel quarto trimestre dello scorso anno, non sembra essere stata il consueto segnale d’allarme di una recessione più ampia. Al contrario, il fenomeno è rimasto in gran parte circoscritto a questi due settori e vi sono persino segnali di ripresa dell’attività edilizia.
Di contro, ci aspettiamo che il settore bancario continui ad essere sottoposto a tensioni in presenza di tassi di interesse più elevati, anche se non prevediamo una crisi finanziaria sistemica. Ciononostante, le condizioni del credito continueranno a restringersi – un vento contrario alla crescita che si rafforzerà nel tempo.
Inflazione ostinata
L’inflazione primaria continuerà a calare nei prossimi 12 mesi, trainata dagli effetti dell’energia e dalla minore inflazione dei prodotti alimentari, anche se con una certa volatilità e differenze tra i diversi Paesi. In effetti, entro la fine del 2024 i tassi di inflazione primaria in molte economie saranno vicini all’obiettivo.
Anche l’inflazione core diminuirà, come ha già iniziato a fare negli Stati Uniti, nell’Eurozona e in molte economie dei mercati emergenti (EM). Tuttavia, in un primo momento il calo sarà determinato soprattutto dalla disinflazione dei beni globali. Riteniamo che l’inflazione dei servizi di base rimarrà persistente a causa della rigidità del mercato del lavoro e della solida crescita dei salari.
Una recessione è in ultima analisi necessaria per riportare l’inflazione a livelli coerenti non solo negli Stati Uniti, ma anche in molti altri mercati sviluppati (DM) e in parte dei Paesi emergenti (EM). Riteniamo che questo sia un prezzo che le banche centrali sono disposte a pagare per rispettare il proprio mandato e mantenere la credibilità degli obiettivi di inflazione in futuro.
Cosa succede ora alla politica monetaria?
Ciò significa che le banche centrali hanno una ridotta possibilità di ulteriori inasprimenti di politica monetaria ancora da attuare. Prevediamo un rialzo dei tassi della Federal Reserve (Fed) a luglio, dopo averne saltato uno a giugno. Un ultimo rialzo dei tassi entro la fine dell’anno, come indicato dalle ultime previsioni della Fed, è possibile.
Riteniamo che la Banca centrale europea (BCE) aumenterà i tassi ancora una volta a luglio e la Bank of England (BoE) almeno altre due volte. Il perdurare dell’inflazione potrebbe costringere entrambe le banche centrali a un ulteriore inasprimento, nonostante il chiaro desiderio delle autorità politiche di chiudere il ciclo di rialzi per paura di innescare recessioni.
In Giappone, ci aspettiamo che la Bank of Japan (BoJ) dia vita a un’efficace stretta di politica monetaria in questa estate attraverso modifiche al quadro di controllo della curva dei rendimenti (YCC), consentendo al rendimento dei titoli di Stato decennali giapponesi di raggiungere i 75 punti base.
Le revisioni apportate in passato all’YCC riflettevano le preoccupazioni sul funzionamento del mercato, che nel frattempo sono diminuite. Al contrario, in un sorprendente cambiamento del contesto macroeconomico giapponese, riteniamo che la BoJ ora inasprirà la politica direttamente in risposta a una ripresa delle pressioni inflazionistiche sottostanti.
Recessioni dietro l’angolo
Continuiamo a pensare che questo ampio ciclo di inasprimento monetario finirà per portare a una recessione nelle principali economie dei Paesi sviluppati e in parte dei Paesi emergenti. Il settore manifatturiero di molte economie è già in fase di contrazione. Tuttavia, a fronte di una maggiore resilienza dei dati, riteniamo che le recessioni a livello di economia generale saranno tardive rispetto a quanto previsto in precedenza, per lo più a cavallo del nuovo anno.
Le recessioni da noi previste nei diversi Paesi sono connotate da tempistiche differenziate, con il Regno Unito che inizierà già nel secondo trimestre (anche se in parte a causa di una stranezza tecnica dei dati), l’Eurozona che dovrebbe entrare in recessione entro il quarto trimestre di quest’anno, e il primo dato trimestrale negativo del prodotto interno lordo (PIL) negli Stati Uniti nel primo trimestre del prossimo anno.
Gli Stati Uniti...
Riteniamo che negli Stati Uniti la politica sia divenuta restrittiva solo verso la metà dello scorso anno, quando il tasso di riferimento reale ha iniziato a superare la nostra stima del tasso reale di equilibrio. I ritardi “lunghi e variabili” della politica monetaria fanno sì che l’impatto di tale inasprimento inizi a farsi sentire solo ora, con effetti destinati a crescere nella seconda metà di quest’anno. Questo è lo stesso segnale risultante dai nostri modelli di analisi della recessione: i rischi a breve termine sono diminuiti grazie alla solidità dei dati, ma i modelli a più lungo termine rimangono elevati a causa dei profondi squilibri dell’economia statunitense.
È plausibile che l’economia possa rimanere ancora più forte di quanto ci aspettiamo per il resto dell’anno, con un mercato del lavoro rigido che sostiene la spesa delle famiglie. Tuttavia, riteniamo che questo scenario incerto non sia sostenibile, in quanto la Fed sarebbe costretta a fare un altro tentativo alzando i tassi molto più in alto per compensare l’eccesso di inflazione nell’economia. In questo scenario, la recessione verrebbe solo ritardata piuttosto che evitata.
...e altrove
Nel nostro scenario base, pensiamo che i cicli di taglio della politica monetaria partiranno all’inizio del 2024 e continueranno per tutto il prossimo anno, quando l’inflazione primaria calerà e la crescita sarà negativa. In ultima analisi, ci aspettiamo che i tassi di interesse scendano al di sotto della soglia di neutralità e in misura maggiore di quanto previsto dai mercati. Ciò è in linea con il comportamento delle banche centrali suggerito dalla teoria e dalla storia: cicli di allentamento ampi e rapidi sono la normalità quando un’economia è entrata in recessione e la disoccupazione è in aumento.
I facili guadagni legati alla ripresa a seguito della riapertura cinese sono finiti. Tuttavia, prevediamo ancora una crescita del PIL superiore all’obiettivo nel 2023, alla luce del margine dell’attività di consumo, di viaggio e dei servizi per tornare ai livelli pre-pandemici. Tuttavia, il settore manifatturiero, il commercio e l’immobiliare continueranno a faticare, il che comporta ricadute sull’economia globale molto più ridotte rispetto alla tipica ripresa cinese. Con tassi di inflazione molto bassi, c’è spazio per un modesto allentamento delle politiche.
Sebbene molti Paesi emergenti abbiano iniziato presto il ciclo di rialzo dei tassi, dovranno aspettare fino al 2024 perché l’inflazione sottostante si raffreddi abbastanza da consentire di avviare un taglio dei tassi. L’America Latina si trova nella posizione migliore per effettuare tagli, dati gli elevati tassi reali. La regione Asia-Pacifico beneficia di un contesto inflazionistico meno impegnativo, ma i tassi più bassi richiedono un approccio “attendista”. La mancanza di credibilità delle banche centrali dell’Europa centrale e orientale amplifica il problema dell’inflazione, ancora consistente, e ciò implica che la regione sarà l’ultima a tagliare i tassi.
Lo scenario alternativo più probabile resta quello di un “atterraggio morbido”. Un modo per leggere i dati sul mercato del lavoro statunitense è che sia già in corso un allentamento benevolo, in grado di ripristinare la crescita dei salari e abbassare le aspettative di inflazione senza una recessione.
Tuttavia, la storia ci porta a dare maggior peso a uno scenario di base recessivo.